PIETRO ROCA
Nasce a Foggia, dove vive e lavora. Ha esposto i suoi primi lavori astratti nel 1970. Si forma in Scenografia presso l'Accademia di Belle Arti di Roma con il prof. Toti Scialoja. Fëdor Dostoevskij nel 1864 scrisse “Memorie del sottosuolo”, romanzo chiave poiché racchiude in sé tutto il pensiero dello scrittore russo sulla società che a quel tempo si stava venendo a formare. La prima parte è un monologo di critica sociale, dove vengono messi alla berlina gli ideali ottimisti del positivismo, che secondo l'autore non potrebbero mai condurre alla tanto agognata società del benessere, fondata su scienza e ragione. Piero Roca, protagonista di nuove e contemporanee “Memorie del sottosuolo”, non può desistere dall'interrogarsi sulla propria condizione e sulla condizione umana in generale, per quanto la pretesa di giungere ad afferrarne il senso sia vana. Egli rivendica dunque il primato del pensiero sull'azione, per quanto sterile esso sia.
Nei paesaggi più caratteristici della sovra-modernità vi è una dimensione utopica e onirica, una promessa di unità che non possiamo escludere che finisca per infrangersi sulle contraddizioni e sulle durezze della storia, ma siamo certi in ogni caso, ognuno per conto proprio, che non vedremo mai realizzarsi.
Il paesaggio è fatto tanto di tempo quanto di spazio; e la proiezione del paesaggio sovra-moderno verso un futuro immaginabile è tanto più sorprendente in quanto essa rompe con le segrete connivenze che sono state intessute, lungo la storia umana, tra lo spazio e la memoria.
Antropologo e artista, ricerca tra le strade della città in cui vive le sue insegne, ma non quelle più immediate e dirette, il suo interesse si sposta verso quelle insegne calpestate e mai troppo considerate, quelle dei tombini. Grazie ad essi studia la vita urbana più nascosta, quella che si svolge appunto nel sottosuolo, sotto le strade. Le macchine, le case e le strade non sono altro che immagini virtuali inviate al nostro cervello dalle macchine dominatrici; il mondo intero è un programma come in un Matrix, un inganno ordito alle onnipotenti intelligenze artificiali che ci controllano, La Rete, quella fognaria è l'unica cosa che unisce gli abitanti, invece i tombini rappresentano una porta USB, l'unica entrata e uscita del sottosuolo.
Bologna settembre 2014
Storico, Critico d'arte
Prof. Giorgio Grasso.